Una Pasqua insanguinata
Oggi è Pasqua. Ma l'Ovetto Kinder non ha lo stesso sapore di sempre. E non vi faccio perciò nessun augurio. Oggi l'Uovo di Pasqua sa di insulti, di odio; ha il gusto delle offese, delle aggressioni e dell'intolleranza. Della paura. Più che simbolo di rinascita, è oggi amaro calice della morte. Ho dormito 10 ore in 3 giorni. C'è stato il Colors, la notte all'Hubbe, con i coniglietti e le conigliette, le gabbie...; c'è stato l'aperitivo al Mamamia, in attesa dell'apertura ufficiale della nuova stagione. Tanta gente, tanti amici; tanto divertimento, con le solite, vecchie e rassicuranti presenze del mondo GLBTQ... Tanto divertimento, a ballare fino all'alba, a sbattersi fin quando fa male, fin quando ce n'è... Per non dimenticare. Tanto divertimento in tributo ad una morte terribile, inaccettabile. In memoria ed in tributo a tutte quelle persone che non hanno la nostra stessa fortuna. La fortuna di poter chiamare con nome i propri sentimenti. Di proclamare a testa alta la propria identità. Ballare fino all'alba, stretti abbracciati agli amici di sempre, per non ricordarci che ancora sia possibile morire di intolleranza. Ballare in ricordo di Matteo, che aveva appena cominciato il suo percorso per ritrovarsi; ed è stato così barbaramente interrotto. Noi siamo arrivati in fondo, invece: ma è un privilegio concesso a pochi. E ne siamo coscienti. Nella rassegna stampa di oggi leggo affermazioni che mi colpiscono e mi indignano. La Preside dell'Istituto di Matteo, Caterina Cogno, dichiara: "Matteo è l’orgoglio del Sommeiller". La netta sensazione è che, ancora una volta, questa morte non sia servita a nulla. La netta sensazione è che Matteo continui impietosamente ad essere maltrattato, la sua intimità ad essere sminuita e misconosciuta. Forse Matteo è stato l'orgoglio del Sommeiller, ipocrita affermazione di circostanza dettata dal senno di poi; di certo oggi il Sommeiller è la vergogna di tutte le persone che sapevano, che hanno visto e sentito; è la vergogna di tutti quei miserabili bulletti che hanno dichiarato ai giornalisti: "Anch'io lo chiamavo Jonathan: non pensavo di fargli tanto male". Tanto stupidi da non rendersi neppure conto delle conseguenze delle proprie azioni. Bulli fai-da-te, che hanno pensato bene di proseguire l'azione denigratoria nei confronti di Matteo presentandosi al suo funerale, con i visini mesti e la coda tra le gambe (oggi sì, e forse per qualche ora ancora, prima che tutto torni esattamente come prima), da animaletti di sedici anni che hanno rotto il vaso preferito di mamma. Il Sommeiller è la vergogna spiattellata sulle pagine dei giornali di un Paese, di una città e di una comunità multietnica che è falsamente e superficialmente tollerante. E' la finta tolleranza di chi dice "Io non ho niente contro i gay, ho tanti amici omosessuali e li invito persino a cena"; è la finta tolleranza da "Sì, mi sembra giusto che anche i gay possano formare una coppia. Ma il matrimonio, per carità!!!". La stessa finta tolleranza di facciata di quell'insegnante di Matteo, che rincorre addirittura i giornalisti, assalita dall'ansia di dichiarare: "Lo scriva, lo scriva la prego: l'immagine di Matteo che viene fuori dai media non corrisponde al vero. Era il primo della classe, disponibile ad aiutare i suoi compagni e non c'è alcun elemento per dire che fosse gay". Essere gay sminuirebbe forse le sue doti di ragazzino primo della classe, disponibile e generoso agli occhi dei media? Metterebbe forse in diversa luce Matteo? E' la finta tolleranza di chi non ha capito che la questione non è se Matteo fosse o meno omosessuale: la vera questione è che in quella scuola-vergogna esistano persone (a questo punto studenti e docenti) per i quali esserlo costituisca motivo di vergogna. E' la finta tolleranza di chi discrimina con tale superficialità e noncuranza (abitudine?) da non rendersene neppure più conto, ormai. Di chi ti dice "Sei gay!", ti umilia e poi si presenta al tuo funerale, credendo che dire "non pensavo di farti tanto male" possa ripulire una coscienza macchiata in eterno. E dopo le testimonianze della madre sui problemi di Matteo a scuola e le sue proteste persino con la Preside, ecco che ci mancavano le dichiarazioni del vicedirettore dell'Istituto: "Il bigliettino lasciato da Matteo non parla di persecuzioni. Se gli autori fossero di altre classi, gli insegnanti avrebbero notato qualcosa. E se non sono della scuola, non toccava a noi provvedere". Credevo fino a ieri che fosse precipuo compito della scuola educare i giovani. Alla luce di questo mi devo ricredere. Gli insegnanti l'avrebbero notato, dice questo educatore: ma quali insegnanti? Se tutti gli insegnanti del Sommeiller sono della stessa fattura della sua Preside, non c'è da stupirsi che in questa amara vicenda i suoi studenti si siano distinti per mediocrità e grettezza. Matteo si alza, quella mattina, come sempre. Si prepara per andare a scuola, come sempre. Ma quando la madre esce di casa, salutandolo come ogni giorno, lui risolve la propria decisione con lucidità e determinazione inaudite: lascia l'ultimo saluto su un foglio, si conficca un coltello al centro del torace e poi si getta dalla finestra di casa sua. Perchè? Perchè non ha avuto la forza di opporre al disordine dei mezzi di informazione, al disordine logico di chi lo chiamava contro natura, di chi lo voleva costringere nella categoria dell'incesto e della pedofilia, di chi ne derideva il suo essere come Johnathan; non ha saputo opporre a tutte queste disordinate menzogne la realtà forte del suo sentire. L'ordine dei suoi amori. Perchè nessuno si è mai preso il disturbo di spiegargli che modelli alternativi sono possibili, che esistono. Che ovunque ci sono persone come lui, che quel percorso di riordino, quella certosina operazione di ricostruzione di un'esistenza sono riusciti a completarla. Matteo è morto per mancanza di modelli: e di questo siamo tutti colpevoli. Come ha dichiarato la cara Delia Vaccarello: "L’omofobia è una lunga mano, che riesce ad armare le sue vittime convincendole a togliersi di mezzo". Parole con le quali vi lascio. Sperando che la rinascita di questa Pasqua possa essere per tutti la rinascita dell'impegno quotidiano nella lotta all'indifferenza e all'ipocrisia. Perchè dobbiamo pretendere di vivere in un mondo migliore. |

































2 comments:
Mi trovi pienamente d'accordo.
Niente da aggiungere, certe cose dovrebbero far riflettere, e invece... siamo soli noi a rifletterci spesso. Che tristezza.
Gia'. La cosa che forse fa piu' uscire dai gangheri e' che il giorno dopo gia' non se ne parlava piu'...
L'inchiesta va verso l'archiviazione (tanto, "erano solo scherzi di ragazzini"!) e tutti si apprestano a mettere sotto il tappeto quello che si continua a non voler vedere.
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