Tempo di bilanci
Il 2005. L'anno delle grandi maturazioni e delle profonde prese di coscienza... E' stato l'anno di Giacomino, che se n'è andato con la stessa disinvoltura e noncuranza con cui era arrivato. L'anno delle piccole grandi avventure. Sì, quelle che ti restano nel cuore per la loro semplicità, per la loro spontaneità. Il 2005 è l'anno che ha visto lo tzunami dei PaCS, delle unioni civili. Dal matrimonio sobrio e non per questo meno comunicativo e monopolizzante della Elton John alle progressive conquiste delle comunità GLBTQ in Spagna e Inghilterra. L'anno in cui più di ogni altro le questioni sociali relative ai patti civili di solidarietà hanno trovato spazio e attenzione. L'anno dei mille matrimon gay spagnoli in pochi mesi; delle adozioni alle coppie omo, persino dei veglioni gay in pieno centro, accanto alla stanza del vescovo... L'anno dell'istituzione dei registri delle unioni civili a roma sotto il culo di Natzinger. L'anno in cui un certo vecchio modo di vedere le cose e il mondo comincia a vacillare dalle basi; che ha dimostrato che certi atteggiamenti non sono graditi più come una volta, per buona pace di taluni. Il 2005 è l'anno di Zapatero, delle Reinas spagnole, del coraggio di rompere con la tradizione per trovare nuove strade, per avere il coraggio di battere nuovi percorsi. Per accorgersi che, come diceva Angioletto, si può essere più forti, si può raggiungere un migliore equilibrio se si impara a vedere come normale ciò che normale già è, ma ad altri non sembra. L'anno dei nuovi equilibri, delle uscite allo scoperto. Nel 2005 ho detto ai miei amici che sono gay: spettacolo! Per poco alcuni non mi morivano sul momento... Ahahah Li avevo invitati tutti a casa di un'amica, con la scusa che si doveva parlare di un fatto importante. Quando siamo arrivati tutti, ho chiesto un po' di silenzio e ho detto "Ragazzi, sono gay". Così, senza tanti giri di parole. La pura e semplice realtà. Probabilmente avrei dovuto predisporre un paio di ambulanze fuori casa, per qualunque evenienza... Ahahah Ma, a parte l'embarassment iniziale, poi la situazione si è distesa col tempo. Per alcuni basta non parlarne, e quindi non esiste; ma con gli amici veri, i più affezionati... Ah, quanto tempo perso! Se mi guardo indietro, dico: "Perché non l'ho fatto prima!". La libertà e la disinvoltura che si raggiunge una volta fatto coming out non te le ripaga nessuno, se rimani con la paura che qualcuno lo sappia, che qualcono lo scopra... Ma perché nascondersi? Per chi? La parola chiave è visibilità! Io esisto e sono gay. E se qualcuno non va bene, pazienza, mi spiace per lui. Ora abbiamo raggiunto un tale livello di confidenza, che si parla dei miei ex, delle mie avventure, persino i miei dildi giocattolo sono oggetto di chiacchierate tra amici! Un giorno, quando ancora stavo con Giacomino, siamo andati a cenare insieme in una delle pizzerie napoletane più caratteristiche di Pisa. Immaginate: tavolo per due al centro della sala, noi due che ceniamo guardandoci negli occhi e accarezzandoci, tenendoci per mano sul tavolo, mentre tutt'intorno la gente prosegue con le sue vite parallele alla nostra. Un po' di scandalo iniziale, qualche commentino in sottofondo; poi come sempre ci se ne dimentica, tutto torna tranquillo e si continua a mangiare... Ho sempre adorato dare scandalo! Che esibizionista che sono! Comunque, il fatto che volevo raccontare è successo all'uscita dalla pizzeria. Terminiamo la cena, paghiamo, usciamo. Per strada, facciamo una passeggiata verso il centro, e prendo Giacomino per mano. Per me è stato un fatto assolutamente spontaneo, quasi istintivo. Neppure mi ero soffermato a riflettere sul significato che quel gesto potesse avere per gli altri, per la gente intorno a noi. Giacomo mi guarda negli occhi e mi dice: "E' sempre stato il mio sogno..." - con quegli occhioni da cucciolotto che ora non brillano più per me. Io chiedo, stupito: "Cosa? Mangiare la vera pizza napoletana?" - "No" - risponde lui - "Passeggiare mano nella mano col ragazzo che amo". Ho sentito un brivido lungo la schiena. Come si possa arrivare a 20 anni senza aver mai preso per mano, per strada, il proprio ragazzo, è per me un mistero che non comprenderò mai. Perché ci nascondiamo? Perché priviamo noi stessi, e volontariamente per giunta, di gesti così semplici, di un'affettività così spontanea e naturale, così... innocente. La vita è davvero troppo breve per farsi problemi di ciò che pensa la gente. |

































No comments:
Post a Comment